Terremoto e maremoto in Giappone
Alle 14.46 dell’11 marzo 2011 un terremoto di magnitudo 8.9 colpisce il Giappone settentrionale. L’epicentro viene localizzato in mare, vicino alla costa nord orientale di Honsu, l’isola più grande del Giappone, a circa 130 km dalla città di Sendai e 373 km da Tokio. La scossa innesca uno tsunami con onde di oltre dieci metri che colpisce un tratto della costa del Tohoku lungo 400 chilometri. Le prefetture maggiormente interessate sono Iwate, Miyagi e Fukushima. La potenza dello tsunami è impressionante: l’area sommersa è estesa quasi quanto la città di Tokio. In alcuni casi l’acqua penetra nell’entroterra fino a oltre 20 chilometri. I danni e gli effetti del maremoto sono impressionanti. Ad un mese dall’evento si contano oltre 13mila morti e 14mila dispersi: oltre il 90% sono annegati per la forza dello tsunami. I danni alle infrastrutture sono ingenti. Undici centrali nucleari vengono disattivate automaticamente a causa del sisma. L’impianto di Fukushima Dai-Chi subisce i danni maggiori, con rilascio di radioattività nell’atmosfera. L’incidente raggiunge il massimo livello di gravità previsto. È emergenza nucleare.
Fin dalle prime ore successive al terremoto il Sistema di protezione civile mette a disposizione i propri uomini e mezzi per intervenire direttamente nelle zone colpite con team specializzati. In un primo momento le autorità giapponesi decidono di accettare le offerte di aiuto provenienti dai Paesi geograficamente più vicini, come Stati Uniti, Nuova Zelanda e Corea del Sud. A tre giorni dal sisma, il 15 marzo, parte per il Giappone il primo team italiano di esperti di valutazione e gestione delle emergenze, composto da funzionari del Dipartimento della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco e dell’Ispra-Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. La missione è coordinata dal Dipartimento in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri. Col passare dei giorni a preoccupare maggiormente è il rischio radiologico legato alla situazione della centrale di Fukushima. Il team rimane in Giappone quasi una settimana, concentrando le proprie attività nella zona di Tokyo, in supporto all’Ambasciata italiana. I tecnici effettuano una serie di rilevazioni per verificare i livelli di radioattività dell’aria. Durante la permanenza a Tokyo la squadra italiana rimane in costante contatto con le autorità giapponesi, le squadre europee e il coordinamento delle Nazioni Unite per definire il quadro della situazione e delle esigenze.
Alla fine di marzo parte per il Giappone un nuovo gruppo di esperti, coordinato sempre dal Dipartimento. Ai funzionari del Dipartimento, dei Vigili del Fuoco e dell’Ispra si unisce un esperto del Ministero della Salute. Anche stavolta l’attività del team si concentra nell’area metropolitana di Tokyo. I tecnici proseguono con le attività di monitoraggio della radioattività nell’ambiente nella zona dell’ambasciata e in altri punti della città, dove vivono molti italiani. Si mettono a disposizione dei connazionali per dare informazioni sui livelli di radioattività, sui rischi e le eventuali misure di radioprotezione da adottare. Il frutto di questo lavoro è il vademecum con le misure precauzionali da adottare in caso di rischio radiologico messo a disposizione della popolazione.