Emergenze rischio maremoto
Negli ultimi mille anni lungo le coste italiane sono state documentate varie decine di maremoti, solo alcuni dei quali distruttivi.
Le aree costiere più colpite sono state quelle della Sicilia orientale, della Calabria, della Puglia e dell’arcipelago delle Eolie.
I maremoti più distruttivi della storia sono avvenuti nelle acque degli Oceani Pacifico e Indiano, dove si possono generare terremoto con magnitudo e frequenza di gran lunga superiori rispetto a quelli registrati nell’area mediterranea e le masse d’acqua in gioco sono notevolmente maggiori di quelle presenti in un bacino chiuso e poco profondo come il Mar Mediterraneo.
Ripercorriamo in questa sezione i maremoti più forti della storia recente, in Italia e nel mondo, dedicando un focus particolare all’emergenze che hanno visto il coinvolgimento diretto del Dipartimento della Protezione Civile.
Il più antico maremoto italiano di cui si ha notizia, grazie alle descrizioni di Plinio il Giovane, è associato alla famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano. Plinio riporta la notizia che il secondo giorno dell’eruzione un forte ritiro del mare nel golfo di Napoli lasciò in secca molti pesci sulla spiaggia.
Nel 1783, a causa di un forte terremoto, si staccò una frana dal versante di Monte Campalla, lungo la costa calabra tirrenica, nel territorio di Scilla (Rc). Gli abitanti di Scilla, che dopo il terremoto si erano rifugiati sulla spiaggia, furono investiti dall’onda che produsse circa 1500 vittime.
Il maremoto più disastroso degli ultimi mille anni è stato quello del 28 dicembre 1908: a seguito del terremoto nello Stretto di Messina (magnitudo 7.1), le coste della Sicilia orientale e della Calabria furono devastate da onde che causarono gravissimi danni e raggiunsero un’altezza massima di oltre 13 metri. Il maremoto amplificò fortemente gli effetti del terremoto che l’aveva preceduto di alcuni minuti, devastando l’area costiera. Terremoto e maremoto fecero circa 80mila vittime; secondo alcune fonti quelle legate al maremoto furono almeno 10mila.
Il più recente maremoto che ha colpito le coste italiane è stato quello indotto dalla frana della Sciara del Fuoco di Stromboli, del 30 dicembre 2002. L’onda di maremoto è stata avvertita nelle Isole Eolie, sulle coste della Sicilia Settentrionale, della Calabria tirrenica e fino alle coste salernitane della Campania. Il maremoto ha avuto effetti significativi soltanto lungo le coste dell’isola di Stromboli, dove le onde hanno raggiunto le massime altezze. Onde di quasi 10 metri sono state registrate nel settore nordorientale dell’isola, lungo le spiagge di Piscità e Ficogrande, dove il maremoto ha prodotto l’inondazione della costa e delle parti più basse del villaggio di Stromboli, causando danni alle abitazioni.
I terremoti più forti della storia recente che hanno causato anche maremoti si sono verificati in Cile (1960), Alaska (1964), Sud Est Asiatico (2004) e Giappone (2011). La storia ci racconta anche di maremoti causati da frane ed eruzioni vulcaniche.
Il 22 Maggio 1960 avvenne, in Cile, il più violento sisma del XX secolo, di magnitudo 9.5. L’evento fu seguito da un’onda di maremoto. Terremoto e maremoto uccisero circa 2.400 persone e provocarono gravi danni. Sulla costa più vicina all’epicentro (Isla Chiloe) si abbatterono onde alte fino a 25 metri, 10-15 minuti dopo il terremoto. Alle Hawaii (Hilo Bay) le onde di maremoto arrivarono 15 ore dopo, raggiungendo 11 metri d’altezza. Sulle coste del Giappone giunsero onde di sei metri, dopo aver percorso circa 10mila chilometri in 22 ore.
Il 27 Marzo 1964, in Alaska, un terremoto di magnitudo 9.2 scosse un’area lunga circa 1.600 chilometri e larga 300, causando movimenti verticali di circa 2 metri. Il maremoto che ne seguì si abbatté su zone poco abitate, provocando comunque 160 vittime e grossi danni nelle isole Kodiak, a Vancouver, nelle Hawaii e negli stati di Washington e California, dove le onde raggiunsero altezze tra i due e i sei metri.
Il 26 Dicembre 2004 un terremoto di magnitudo 9.1, al largo delle coste di Sumatra, ha dato luogo al più grande maremoto degli ultimi 40 anni. Nessun altro maremoto del passato ha fatto tante vittime: oltre 280.000. Le onde hanno investito tutti gli stati che circondano il golfo del Bengala, causando anche danni in Somalia, Kenia, Tanzania, Madagascar, Mauritius, Mozambico, Sud Africa, Australia. Il maremoto ha attraversato due oceani, Atlantico e Pacifico, ed è stato segnalato in Nuova Zelanda, Antartide e lungo le coste occidentali e orientali del Sud e del Nord America.
L’11 Marzo 2011 si è verificato il più forte terremoto che abbia mai colpito il Giappone. Un sisma di magnitudo 9.0 con epicentro al largo delle coste giapponesi ha prodotto uno spostamento verticale del fondale marino da cinque a otto metri e ha causato un gigantesco maremoto che si è propagato in tutto l’Oceano Pacifico, raggiungendo le coste del nord e sud America, dall’Alaska al Cile, dove sono arrivate onde alte due metri. Sulla costa più vicina all’epicentro si abbatterono, circa un’ora dopo il terremoto, onde alte fino a 40 metri. L’errata stima dell’altezza delle onde e la sottostima delle dimensioni del maremoto hanno fatto sì che i danni e il numero delle vittime siano stati molti di più di quanto previsto. Nella zona di Sendai l’acqua è penetrata fino a dieci km nell’entroterra e a Fukushima l’inondazione ha causato gravi danni alla centrale nucleare. Migliaia di abitanti in un raggio di venti km dalla centrale sono stati evacuati.
Il 27 febbraio 2010 un terremoto di magnitudo 8.8 a largo del Cile ha prodotto un grande maremoto che ha colpito parecchie città lungo la costa centro-meridionale del Cile e ha causato danni minori perfino in California e in Giappone.
Nel 1883 la grande eruzione del vulcano indonesiano Krakatoa nello stretto della Sonda, tra le isole di Sumatra e Giava, diede origine ad almeno tre onde che fecero oltre 36mila vittime. Le onde arrivarono fino a 37 metri di altezza e distrussero tutte le città e i villaggi lungo le coste dello Stretto della Sonda. L’energia fu tale che blocchi di corallo pesanti fino a 300 tonnellate furono trasportati nell’entroterra.