Emergenza Umanitaria in Sudan

In una classifica dei paesi più a rischio del mondo oggi il Sudan, il paese più esteso del continente africano, sarebbe candidato a conquistare il primo posto. Il 9 gennaio 2005 il Nord e il Sud del Sudan firmano un accordo di pace che chiude la guerra civile durata quasi 23 anni, la più lunga del continente africano. Le stime, parlano di più di 2 milioni di vittime, 4 milioni di Internal displaced persons (IDPs) e oltre 600 mila rifugiati nei paesi confinanti. 

La firma dell'accordo é un traguardo e la speranza di un nuovo inizio per le popolazioni del Sud, che hanno combattutto decenni per il loro diritto all'autodeterminazione. Un risultato importante reso possibile anche grazie all'impegno diplomatico del nostro Paese. Infatti, alla firma della pace hanno assistito solo quattro nazioni non africane, in qualità di mediatori internazionali: Stati Uniti, Gran Bretagna, Norvegia ed Italia. 

Con la firma dell'accordo, legato alle elezioni e al referendum per l'indipendenza del Sud previsto per gennaio 2011, inizia il difficile processo di pace che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 1590, si è impegnato a sostenere anche attraverso l’impiego di una forza multinazionale di 10 mila uomini e di un’importante componente civile (UNMIS). 

La guerra è finita, ma l'emergenza continua.
Il Sud Sudan è stato distrutto, la situazione economica, sociale e sanitaria è gravissima: vie di comunicazione, acquedotti, ospedali, scuole, mercati, intere città e villaggi sono stati ridotti in macerie dai combattimenti e dall’abbandono. La regione, ormai diventata una delle aree più povere e meno sviluppate del mondo, deve preparsi ad accogliere centinaia di migliaia di persone che presto torneranno ai propri villaggi di origine, alle aree di provenienza, ai propri clan e tribù. È l’inizio di un fenomeno di proporzioni bibliche: ma la gente che ritorna non trova più nulla ed è costretta a una vita di assoluta precarietà. 
 
Agli inizi del 2005, il vescovo comboniano della Diocesi di Rumbek, Monsignor Cesare Mazzolari, lancia un appello all'Italia chiedendo di intervenire in aiuto delle popolazioni del Sud Sudan. 
Il Governo italiano accoglie l’appello e decide di realizzare un intervento umanitario, che prevede sia la costruzione di un ponte tra le due sponde del fiume Payee  fiume sia altre operazioni nel settore sanitario da concordare con le autorità locali, affidandone la realizzazione al Dipartimento della Protezione civile. Inizia quindi l'Emergenza Sud Sudan che mette all’opera diverse professionalità, capacità e risorse logistiche, con l’obiettivo di portare a termine, nel minor tempo possibile, la realizzazione di un ponte senza il quale una parte delle regione, lo Stato dei Laghi, rimarebbe isolata.  

Due sono le crticità da affrontare: come trasportare i materiali e riuscire a realizzare la struttura prima che inizi la stagione delle piogge.
La missione "Ponte Italia" inizia il 17 novembre 2005  e finisce il 5 dicembre 2006 con il trasporto dei materiali e la messa in opera di un ponte modulare di tipo Bailey ad Yirol, nello Stato dei Laghi. L'inaugurazione  si tiene il 4 aprile 2006 e consegnato alle Autorità del Governo del Sud Sudan.
L'ultimo capitolo dei problemi aperti nella Regione riguarda la condizione sanitaria della popolazione. La malnutrizione, unita a condizioni igieniche precarie, favorisce il diffondersi di varie malattie: come il colera e la meningite, la malaria, la febbre gialla, la tubercolosi e la lebbra.

Dunque, terminato il ponte, il Dipartimento della Protezione Civile ha avviato la ricostruzione dell’Ospedale di Yirol avvalendosi della competenza e dell’esperienza della Ong Medici con l'Africa - Cuamm. L'ospedale governativo, composto da vari padiglioni, è stato reso inagibile dalla guerra, mancano tetti, attrezzatura e sopratutto personale sanitario.
Si decide quindi di iniziare un intervento di riabilitazione che prevede di fornire la struttura sanitaria con sala chirurgica, sala parto e maternità, laboratorio di analisi. Ma sopratutto programmi di formazione per il personale sanitario locale.
Il 16 aprile 2008, l'ospedale Beniamino Andreatta è donato dal popolo italiano al popolo del Sud Sudan. 
Oggi, è attivo e funzionante e serve un bacino di utenza di 100 mila persone.

La missione “Ponte Italia” ha l'obiettivo di costruire un ponte Bailey sul fiume Payee, a tredici chilometri dal villaggio di Yirol.

L'elaborazione del cronoprogramma dei lavori si è basata sul fatto che la stagione delle piogge, da maggio a dicembre, rende impossibile tenere aperti cantieri. Per questo motivo, si valuta di costruire una tipologia di struttura metallica prefabbricata di pronto uso Bailey, realizzabile entro 120 giorni di lavoro e già sperimentata nel comune di Pontebba durante l'emergenza alluvionale del Friuli Venezia Giulia nel 2003.

Il fiume Payee, durante il periodo delle piogge, s’ingrossa a tal punto da trasformare gran parte della pianura circostante in una palude, talmente estesa da raggiungere il Nilo Bianco, dividendo in due la regione ed impedendo di fatto ogni collegamento.
Questa condizione, infatti, impedisce agli abitanti di attraversare il corso d’acqua, di solito affrontato con piccoli mezzi di fortuna, costringendoli all’isolamento o a vie alternative che richiedono tempi di percorrenza a volte anche di giorni. 

Basti sapere che nella stagione delle piogge, da Yirol a Mapourdit, sede dell’unico ospedale in grado di assicurare interventi chirurgici, gestito dai Comboniani, si impiegano circa cinque ore per percorrere 43 chilometri di sterrato con fuoristrada, mentre nei mesi di pioggia il percorso è impraticabile. Subito dopo la firma dell'accordo di pace, uno dei primi interventi attuati dalle Nazioni Unite è stata la riabilitazione dell'asse stradale che congiunge Yirol a Rumbek, la capitale della regione, per permettere alla zona di apririsi ai movimenti.
Il “Ponte Italia", è l’intersezione di questo importante asse di comunicazione,che oltre ad agevolare la popolazione locale, permette di collegare l’intera regione del Bahr al Ghazal e la città più grande del sud del Sudan, Rumbek, con l’area commerciale del Nilo Bianco, favorendo l’integrazione economica dell’area e la fine di un isolamento che per lungo tempo l'ha condannata a livelli di scarsa sussistenza.

1a fase - trasporto del materiale
Il materiale da costruzione necessario per la realizzazione dell’intervento in Sudan è stato preparato in Italia, non esistendo la possibilità di reperirlo direttamente in loco.
Tutti gli elementi del carico, costituito principalmente da un campo base e dalla struttura prefabbricata del ponte, sono stati predisposti in modo tale da poter essere trasportati con mezzi aerei e navali. Per il campo base è stata utilizzata la via aerea, la più veloce dal momento che la struttura doveva essere pronta in loco prima dell’inizio della costruzione del ponte. Il mezzo navale, invece, è stato impiegato per il trasporto del prefabbricato del ponte.
Lo studio dei possibili percorsi, per il tragitto in camion sino al fiume Payee, ha richiesto molto impegno. E' stato necessario individuare la strada più adeguata, sia rispetto alla percorribilità per i camion carichi di materiale, sia sotto il profilo della sicurezza.
La ricerca di condizioni accettabili, che garantissero l'incolumità degli operatori, ha obbligato il Dipartimento della protezione civile a porre la massima attenzione all’impianto logistico della spedizione, modificando più volte gli itinerari e garantendo laddove necessario, un servizio di scorta ai convogli, per assicurare che uomini e materiali arrivassero a destinazione senza inconvenienti.
La collaborazione delle Ambasciate d’Italia a Khartoum, Nairobi e Kampala si è dimostrata particolarmente preziosa per il buon esito di questa prima fase dell’intervento “Ponte Italia”.

2a fase - costruzione del ponte

Il campo base è dotato di un impianto per la comunicazione satellitare per la trasmissione di audio, dati e video. All’esterno è stato realizzato un pozzo per garantire l’autosufficienza idrica mentre l’illuminazione degli ambienti interni si avvale di un impianto fotovoltaico, impiegato per ridurre l’impatto ambientale.
I dodici moduli abitativi (di cui sette ad uso alloggiativo con una capacità ricettiva pari a 14 unità, un modulo per uso igienico, uno ad uso cucina, uno ad uso sala mensa, uno ad uso ufficio ed uno ad uso infermeria) sono stati allestiti all’interno di un’area recintata.
La struttura del campo base è stata trasportata con un ponte aereo insieme a due escavatori da 23 e 7 tonnellate, indispensabili per eseguire i lavori.

Il ponte Bailey è una struttura lunga circa 89 metri, con due campate centrali e due laterali di circa 16 metri. Le tre pile, costituite ciascuna da due colonne metalliche, e le due spalle sono fondate su pali in acciaio di 30 cm di diametro. Le fondazioni sono state realizzate con una sonda perforatrice e sono state affondate nel terreno a 15-16 metri di profondità. In questo modo, come spiega l’Ing. Petrucco, le fondazioni sarebbero state adatte a resistere anche agli scalzamenti provocati dalle piene.

I lavori di costruzione del Ponte Italia iniziano il 28 dicembre 2005 . Da quel momento, le operazioni di messa in opera del ponte proseguono senza soste.  Il 9 gennaio 2006 inizia l’installazione del primo micro palo,  poi il montaggio delle campate d’acciaio del ponte, finito e percorribile dal 15 febbraio e sottoposto a collaudo nei giorni seguenti. Tra il 15 e il 17 marzo, si concludono i lavori di innalzamento degli argini a protezione del villaggio, e tutte le attività di completamento e fissaggio della struttura.

 3a fase - l'inaugurazione

La cerimonia di inaugurazione si svolge alla presenza delle autorità locali, tra cui il Vice-Presidente del Sudan e Presidente del Sud Sudan Salva Kiir, e il Ministro per i Trasporti e le Infrastrutture del Sud Sudan Rebecca Garang, vedova del leader indipendentista John Garang.
Come già era stato possibile constatare sin dall'inizio dei lavori, l’entusiasmo è molto forte. In modo particolare, la commozione manifestata da un sorriso ed un bagliore sul volto delle famiglie che hanno attraversato, per prime, il fiume Payee sul “Ponte Italia”, ha ribadito quanto questo collegamento tra due sponde costituisca una importante premessa per il futuro di un popolo dilaniato per lunghi anni dalla guerra civile.
Il Dipartimento della protezione civile coglie l’occasione per ringraziare tutti coloro che credendo e condividendo i valori del progetto “Ponte Italia”, hanno reso possibile la sua realizzazione. 

I problemi sanitari più diffusi dell’area sono legati allo scarso accesso ai servizi di medicina preventiva e curativa. La zona di Yrol e' ricca d'acqua, e per questo motivo la concentrazione di popolazione e bestiame e' tra le piu' alte dell'intero paese. Malaria, tubercolosi, polmoniti, diarrea, oncocerchiasi, schistosomiasi sono le malattie piu' frequenti.

L’Ospedale ‘Beniamino Andreatta’ ora è pronto. Tre padiglioni sono stati recuperati e dotati di attrezzature adeguate alle necessità, a partire da una sala operatoria che è già entrata in funzione grazie all’opera di medici italiani e di personale locale.

L'intervento, frutto degli accordi con le autorita' civili, politiche e sanitarie locali, ha consentito a Medici con l'Africa Cuamm, di riaprire la sala operatoria e la sala parto, con la ripresa delle attivita' chirurgiche di emergenza ed elettive di base; di garantire la presenza di personale medico e infermieristico italiano per l'avvio delle attivita' (un medico chirurgo, un internista e un'infermiera); di avviare un laboratorio analisi e di creare uno spazio degenza con 20 posti letto.

Per assicurare il funzionamento dei servizi riattivati sono stati forniti i farmaci, le attrezzature, i materiali di consumo e gli arredamenti necessari. Inoltre, per coinvolgere fin dall'inizio le autorita' sanitarie locali nella realizzazione delle attivita' e nella gestione dell'ospedale, lo staff medico e infermieristico italiano ha svolto un lavoro dedicato alla formazione del personale locale, nelle competenze sia cliniche sia gestionali, con cicli di corsi di formazione e attivita' di formazione.

L’inaugurazione della struttura e la consegna ufficiale al Ministero della sanità del Sud Sudan è avvenuta il 16 febbraio 2008, alla presenza di una delegazione del nostro Governo.